A PROPOSITO DI STATUTI COMUNALI

Lo Statuto di Castellammare di Stabia del 1544

 

di Giuseppe D’Angelo

La legge 8 giugno 1990 n. 142, relativa al nuovo ordinamento delle autonomie locali, ha restituito, tra l'altro, ai Comuni italiani ciò che era stato loro tolto dalle riforme napoleoniche, e cioè la potestà statutaria.

Sarebbe qui troppo lungo esaminare la genesi e lo sviluppo storico dell'evoluzione statutaria in Italia ed in particolare nell'Italia meridionale. Fermeremo, quindi, la nostra attenzione sullo sviluppo e la valenza di tale fonte legislativa relativa al secolo XVI.

In tale periodo la fonte primaria del diritto municipale era costituita dalle Regie Prammatiche e in particolare da quella intitolata "De Administratione Universitatum". Le Regie Prammatiche non erano altro che leggi-cornici, che dettavano principi generali, entro le quali ciascun Comune aveva potestà statutaria e regolamentare.

Difatti ciascun Comune, seguendo tali principi, regolava la vita quotidiana con Statuti e Capitoli.

La principale differenza, dal punto di vista formale, tra Statuti e Capitoli consisteva nel fatto che lo Statuto raccoglieva in un unico volume tutte le norme che regolamentavano la vita delle comunità, laddove i Capitoli dettavano singole regole relative ad un determinato settore.

La città di Castellammare di Stabia, nel secolo XVI, non possedeva un vero e proprio Statuto nel senso da noi individuato, ma singole raccolte di Capitoli per le varie istituzioni operanti sul territorio, anche se impropriamente denominati, nel loro complesso, Statuti. Vi erano infatti Capitoli per la Corte della Bagliva, per la Portolanìa, per la Mastrodattìa, per il Mastrogiurato, per l'Erario, per la Zecca di pesi e misure, per i Grassieri, per la Dogana, senza contare quelli per le Arti e Mestieri.

Mancano, però, da quest'elenco i Capitoli del Capitano o Governatore che dir si voglia.

* * *

Prima, però, bisogna fare una premessa circa l'elezione ed il funzionamento della rappresentanza municipale.

Entro il primo settembre di ogni anno tutti i capifamiglia stabiesi -ma ciò vale per l'intero Regno- si riunivano per eleggere i propri rappresentanti che avrebbero amministrato il Comune per un anno, e cioè fino al 31 agosto dell'anno successivo. L'amministrazione, o esecutivo, restava quindi in carica dal primo settembre al 31 agosto seguente. Questo periodo di tempo era denominato indizione, cioè anno amministrativo.

I capifamiglia, radunati in pubblico parlamento, come si diceva, eleggevano due sindaci, sei eletti e i titolari di vari uffici.

Dei due sindaci, uno veniva scelto dal ceto dei nobili e l'altro da quello dei civili o non nobili.

Dei sei eletti, due erano nobili, due civili e due dei terzieri, cioè delle frazioni di Scanzano, Privati, Mezzapietra, Fratte e Quisisana.

Oltre i sindaci e gli eletti, che formavano l'esecutivo, l'assemblea riunita dei capifamiglia eleggeva anche:

-il cancelliere, ossia il segretario comunale, con funzioni di certificatore, che doveva essere un notaio;

-il cassiere o tesoriere, con il compito di custodire il pubblico danaro, effettuare esborsi su mandato scritto dell'esecutivo e provvedere agli incassi;

-il mastrogiurato, una specie di capo delle guardie civiche, o vigili urbani, per usare un termine moderno, con il compito di mantenere l'ordine pubblico;

-i razionali, cioè i revisori dei conti, coloro che dovevano controllare i pagamenti e gli incassi degli amministratori cessati di carica, con il compito di condannare, in caso di pagamenti ingiustificati, o di assolvere tramite la liberatoria.

Va notato che gli amministratori, in caso di condanna, rispondevano con il loro patrimonio.

Al vertice di tutta l'amministrazione, anche se su di un piano diverso, vi era il Governatore, il real capitano, come si diceva, che controllava la legittimità delle deliberazioni, delle elezioni, amministrando anche la giustizia.

Il Capitano, o Governatore, era di nomina regia nelle città demaniali, cioè libere, e di nomina del feudatario in quelle infeudate. Durava in carica un anno e doveva essere originario di un paese distante minimo trenta miglia dalla città in cui veniva nominato.

Orbene ogni anno si riuniva l'assemblea dei capifamiglia, il pubblico e general parlamento:

-la convocazione era ordinata dal Capitano o dai sindaci;

-il Parlamento era presieduto dai sindaci;

-il Capitano sorvegliava e garantiva la legalità delle adunanze e delle deliberazioni;

-queste erano prese a voti segreti; raramente per acclamazione;

-nessuno era eleggibile prima del venticinquesimo anno d'età e doveva saper leggere e scrivere (cives licterati);

-non potevano partecipare alla stessa amministrazione persone legate da vincoli di stretta parentela;

-il componente l'esecutivo che non interveniva ad una seduta era multato di un tarì;

-l'esecutivo non poteva compiere atti eccedenti l'ordinaria amministrazione senza l'autorizzazione del general parlamento, preventiva o a sanatoria;

-l'esecutivo cessato di carica doveva, entro dieci giorni, rendere i conti della propria amministrazione;

-nel general parlamento si poteva discutere soltanto degli argomenti posti all'ordine del giorno (cartella affissa);

-la vendita e l'affitto delle gabelle si doveva fare apertamente (a mare aperto e cielo aperto) ed all'asta pubblica, con accensione di candela di cera vergine;

-altre disposizioni minori.

I luoghi ove tali riunioni si svolgevano erano, per la nostra città:

-il refettorio grande del convento di San Francesco;

-la chiesa cattedrale;

-la piazza della caperrina, in capite portus;

-la chiesa di S. Caterina;

-presso la porta del quartuccio;

-il largo del gelso. Difatti, anche se molto di rado, in questa piazzetta, un po' pi grande rispetto ad oggi, si svolgevano i pubblici parlamenti, i meno affollati.

* * *

Da quanto detto appare evidente l'importanza che i cittadini attribuivano all'Ufficio del Capitano e di come un suo cattivo funzionamento avrebbe potuto influire negativamente sulle libertà comunali.

Pertanto, in forza di tale considerazione, ritenendo che i Capitoli del Capitano fossero i più importanti per la vita della Città, si preoccuparono sempre, sia con i feudatari sia con il Sovrano, di ben regolamentare tale Ufficio. Tanto da indicarlo come lo Statuto per eccellenza della loro comunità. Non solo.

Nel succedersi dei vari feudatari di Castellammare, i cittadini chiedevano ad ognuno di essi la conferma di tale Statuto, che, col tempo prese il nome di "Capitoli e Grazie". Difatti al feudatario si chiedeva solo di confermare questi diritti nei confronti di eventuali soprusi del Capitano, trascurando l'eventuale conferma di altri Capitoli.

Non a caso i documenti dell'epoca ci hanno tramandato la formula della presa di possesso del Capitano che, prima di ogni altra cosa, doveva giurare solennemente il rispetto di tale Statuto.

E il documento che qui si pubblica conferma quanto detto.

E' contenuto nei protocolli del notaio Paolo Fedele alla data del 16 settembre 1577, quando, su nomina del feudatario Ottavio Farnese, prese possesso della carica di Capitano il magnifico Giovanantonio Fasanario, dottore in diritto civile e canonico. Questi comparve davanti all'Assemblea cittadina e all'amministrazione comunale dell'epoca, rappresentata dal sindaco Giovanvincenzo Boso e dagli eletti Pierluigi Certa, Casare Vaccaro, Giovanfrancesco Coppola, Paolo Cacace e Giovandomenico de Rogatis, giurando solennemente sul vangelo di osservare i Capitoli della Città, letti ad alta voce dal notaio Paolo Fedele, cancelliere del Comune.

Ed eccone la trascrizione integrale:

 

Capitoli et gratie quale si domandano all'Eccellentia dell'Illustrissimo Signore Ottavio de Fernesio Principe de Altamura, Duca de Camerino, et utile Signore della Città de Castellammare del Regno de Napoli, per parte dell'Università et homini de dicta Città.

1- In primis detta Università et homini d'essa supplicano Vostra Eccellentia se degne confirmarli et quatenus opus sit de novo concederli tutte gratie, inmunità, riti, consuetudine, stili, observantie, et usi scritti et non scritti tene detta Università tanto quelli che sono in possessione como altre forse lloro fossero state interrupti.

Confirmamus, et quatenus opus erit in adventu nostro Concedimus.

 

2- Item supplicano la Eccellentia de Vostra Signoria Illustrissima se degni concedere a detta Università et homini de quella che lo Magnifico Capitaneo o d'altro qualsevoglia nome se nominarà che sarà in detta Città administratore giustitia debbia essere forestiero, et de trenta miglia discosto de detta Città, et se debbia ordinare de anno in annno.

Concedimus.

 

3- Jtem supplicano Vostra Eccellentia se degni d'anno in anno donarli Jodice et Assessore in la Corte del Magnifico Capitaneo con la solita provisione de onze dece per anno da pagarse deli proventi se fanno in detta Corte mese per mese, et habbia altri emolumenti soliti et consueti.

Concedimus.

 

4- Jtem supplicano che lo Capitaneo sarà in detta Città non possa essere Capitaneo et Assessore ne tampoco possa essere Castellano ma ciascuno de detti Officij habbia persona diversa.

Concedimus.

 

5- Jtem supplicano che lo Magnifico Capitaneo et Assessore al tempo piglieno la possessione delloro Officij siano tenuti dare pregiaria in detta Città de stare ad Sindicato in detta Città avante lo successore Capitaneo et altri Sindicatori eligendi per detta Università secondo é solito e consueto.

Concedimus.

 

6- Jtem supplicano che quando fabricato alcuno processo in la Corte de detta Città criminale contra alcuna persona et fatta la publicazione non venesse ad essere condemdato et la parte non volesse sentenzia absolutoria, la Corte non lo possa molestare ne debbia procedere ad dare detta sentenzia, et quando la volesse proferire et venesse absolutoria, et in favore del inquisito non debbia pagare cosa alcuna per tal causa.

Concedimus.

 

7- Jtem supplicano che quando non incommincia ad constare de alcuno delitto, la Corte non possa procedere a citatione contra quello sarrà accusato o inquisito sin come se costuma in la Gran Corte della Vicaria.

Concedimus.

 

 

8- Jtem supplicano che in la Corte del Magnifico Capitaneo de detta Città tanto per pena super presentatione Jnstrumenti secondo il rito della Gran Corte della Vicaria como de accusatione de obbliganze non se debbia pagare più de tari tre per onza et in le pene de periurio, contraventione de banni et mandati se debbia pagare da cinque carlini a bascio et per inobedientia tari uno.

Concedimuus.

 

9- Jtem supplicano se degni farci gratia che il Capitaneo sarà a giustitia in detta Città non possa essere Capitaneo a guerra il medesimo tempo.

Concedimus.

 

10- Jtem supplicano che li Capitanei serando in detta Città debbiano fare mandati et banni che occurrerando sotto quelle pene che la Constitutione et Capituli et Pragmatiche del Regno ordinano et fandole altramente sempre se intendano conforme ad dette Costitutione, Capituli et Pragmatiche.

Concedimus.

 

11- Jtem supplicano se degni concedere che qualsivoglia accusa o querela se facesse in detta Corte de detta Città de qualsivoglia delitto lo accusante o querulante habbia termine tre d a pentirse et remettere detta querela o vero accusa, et fatta detta remessione fra detto termine de tre dì al pennirse et remittere detta querela o vero accusa, et fatta detta remissione infra detto termine de tre dì, lo detto Capitaneo et sua Corte non possa procedere contra li accusati o vero querulati quomodocumque et qualitercumque etiam per inquisitionem né per virtù de banni né debbia farli de spesa alcuna.

Concedimus et Confermamus exceptis homicidijs alijsque gravioribus delictis in quibus venit imponenda pena mortis.

 

12- Jtem supplicano che le compositioni, gratie et jndulti fatti per lo Reverendissimo Signor Fabio Arcella et Capitanij tanto per l'Illustrissimo et Reverendissimo Signor Cardinal Farnese como per detto Signore Fabio in nome de vostra Eccellentia ordinati et in futurum se ordinarando Vostra Eccellentia se degni accettarle et haverle rati, grati et ferme si como fossero fatti per Vostra Eccellentia.

Statuto del 1544

Concedimus et Confirmamus.

 

13- Jtem che l'accuse se faranno d'iniuria alli Citadini et altri habitanti non se possa procedere nisi porrecto libello et ad istanzia della parte.

Concedimus.

 

14- Jtem supplicano che l'Electi et Deputati al governo et regimento de detta Città se possano congregare senza licentia del Magnifico Capitaneo ad tale pi facilmente et senza impedimento se possano expedire le cose della Città.

Concedimus non tamen cum generale fiat Concilium aut agendum erit

de statu Maiestatis Cesarie aut nostro.

 

15- Jtem supplicano che quando accade alcuno de detta Città o habitante d'essa fosse querulato o vero havesse contravenuto in alcuno banno se debbia citare in scriptis.

Concedimus.

 

16- Jtem supplicano se degni fare gratia et concedere a detta Università che li delinquentj in futurum serando presi per la Corte del Magnifico Capitaneo della Città et se debbiano tenere Carcerati in detta Città et in quella punirnose et castigarnose secondo la giustitia et non se debbiano extrahere fore per modo alcuno etiam in caso che se l'é preso per altri Officiali extra Civitatem et remesso ad vostra Eccellentia.

Concedimus libenter.

 

17- Jtem supplicano che li homini de detta Città quali sono contumaci in la Corte del Magnifico Capitaneo de detta Città tanto per danni dati como per qualesivoglia altro delitto Civile non se possano ne debbiano essere presi de nocte in l'habitatione delloro case et questo per evitare alli inconvenienti possessero occorrere per l'honestà delle donne.

Concedimus.

 

18- Jtem supplicano che l'homini de detta Città non se debbiano carcerare in Castello per qualsivoglia causa eccetto in caso che venesse a punirse de pena de morte naturale o civile et per simile cause debbia pagare al Castellano per le ragione del portello uno tari et non altro pagamento.

Concedimus.

 

19- Jtem supplicano che quando alcuno Citadino o habitante accadesse stare pregione tanto ad jnstantia della Corte como de parte non debbia pagare cosa alcuna eccetto quando nce stesse una nocte intiera et eo casu debbia pagare grana cinque per detta carceratione et non altro pagamento.

Concedimus.

 

20- Jtem supplicano che qualsivoglia persona tanto Citadino como forestiero che de transito se trovasse armato, lo magnifico Capitaneo de detta Città non li possa ne debbia levare l'arme ne pena alcuna.

Concedimus.

 

21- Jtem supplicano che tutti quilli seranno citati in domo pro debito civile habbiano tempo de comparere per tutto il dì seguente in la Corte del magnifico Capitaneo.

Concedimus.

 

22- Jtem supplicano che per la Corte del magnifico Capitaneo non se possa né debbia procedere ex officio in qualsivoglia delicto excetto dove venesse ad imponere pena de morte naturale, civile o abscissione de membro secondo li Capitoli del Regno.

Concedimus.

 

23- Jtem che lo magnifico Capitaneo non s'intrometta a la grassa de detta Città ma quella se debbia fare per l'eletti et Baglivi d'essa si como é stato consueto.

Concedimus ut solitum est observari.

 

24- Jtem che lo Capitaneo sia tenuto dare Carcere al Baglivo per quelli sono delinquenti de sua Corte et li debbia prestare ajuto et favore.

Concedimus.

 

25- Jtem che lo Capitaneo non debbia molestare la Città et homini de quella per guardia de presoni che tenesse carcerati secondo li Capitoli del Regno.

Concedimus.

 

26- Jtem supplicano se degne farli gratia de tenere Auditore in Napoli per l'appelatione occorreno dalla Corte del magnifico Capitaneo et de detta Città acciò li poveri vassalli non fossero molestati de spese et fossero lloro constretti abandonare le ragione tenessero.

Concedimus et pollicemur.

 

27- Jtem supplicano Vostra Eccellentia se degni farli gratia et indulto delli danni et homicidij clandestini del passato como é quello della morte de don Jacobo Cioffo et Cola Bianco et delli altri accadessero per l'advenire limitare la pena ad deci docatj per ciaschuno.

Concedimus quo ad preterita de futuris autem ad quindecim scutorum penam solvendam decernimus limitamus et moderamus.

 

28- Jtem supplicano se degna farli grazia et indulto generale de tutti et qualsivoglia delitti, homicidij concordata parte seu concordanda pene, contumatie, contraventione de plegiarie, periurii et altre pene pecuniarie fossero per il passato accusate et incorsi etiam si fossero carcerati per dette cause o alcune d'esse.

Concedimus parte concordata seu concordanda infra sex menses de omnibus atrocioribus et homicidijs ac alijs delictis quibuscumque de alijs vero penis petitis gratiose indulgemus et remittimus.

 

29- Jtem supplicano Vostra Eccellentia se degna farli gratia de non ponere in detta Città per qualsivoglia causa Governatore in vita n a tempo ma di ponere sempre Capitaneo ad giustizia anno per anno il quale Capitaneo finito l'anno debbia deponere l'officio.

Concedimus.

 

Ottavius Farnesio.

Rome X Maij MDXLIIII.

Franciscus Franchinus secretario.

 

 

© Giuseppe D'Angelo 1993-2007

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